Definizione
Il termine coaching nasce dal mondo dello sport ed è traslato a diversi altri ambiti di vita. La definizione di coaching non è univoca: una delle definizioni più condivise è quella dell’International Coaching Federation (ICF), che afferma che il termine coaching individua una relazione tra uno o più coach ed uno o più clienti (o coachees) in grado di avviare un processo riflessivo e creativo al fine di massimizzare il potenziale personale e professionale dei clienti stessi.
Fondamenti teorici e specificità
La corrente teorica sottostante al coaching è quella della psicologia positiva, che considera le persone in grado di apprendere e sviluppare le proprie potenzialità lungo l’intero corso di vita. Questa opportunità di sviluppo continuo si innesta sulle proprietà della corteccia cerebrale, in particolare la plasticità e la possibilità di espansione e di arricchimento, tramite la formazione di nuove connessioni, delle reti neuronali.
Nel mondo del lavoro odierno, e più in generale nella società, il coaching risponde alle esigenze crescenti di flessibilità, adattabilità, innovazione, personalizzazione dei contenuti e delle esperienze, e si configura come una pratica sempre più importante ai fini della gestione e dello sviluppo di un’organizzazione.
Il coaching si differenzia dal mentoring un’altra forma di sostegno personalizzata che ha luogo soprattutto in ambito aziendale, in quanto il mentoring prevede una relazione in cui un individuo esperto insegna ad un altro meno esperto, con riferimento in particolare alle competenze tecniche di quel tipo di lavoro e alla comprensione dell’organizzazione; nel coaching, invece, ci si concentra anche sul rafforzamento di competenze non strettamente attinenti al compito, ma comunque rilevanti per poterlo svolgere con efficacia, quali le competenze comunicative, collaborative, di auto-organizzazione e le meta-competenze (competenze trasversali).
Il coaching si differenzia anche dal counseling, più orientato alla soluzione di un determinato problema attraverso la comprensione di disagi psicologici che possono comprometterne la soluzione.
Diverso anche dal tutoring, specifico per fare acquisire conoscenze e capacità cruciali e circoscritte per il ruolo lavorativo.
Il coaching si differenzia dal training, in quanto quest’ultimo è un processo molto strutturato da parte di un trainer, che addestra un collaboratore a svolgere con successo determinate attività.
Il coaching fornisce dunque l’opportunità di avere un intervento personalizzato e mirato alle esigenze specifiche, ma al contempo di agire su dimensioni più globali che riguardano l’individuo, nell’ambito di un rapporto paritario e di confronto.
Infine, il coaching si distingue dalla psicoterapia in quanto in quest’ultima il terapeuta “lavora” utilizzando i problemi psicologici e gli eventi passati dalle persone, mentre il coaching è centrato sul presente e sui modi per raggiungere determinati obiettivi. Inoltre, in psicoterapia il terapeuta ha conoscenze cliniche e controlla il processo terapeutico, processo in cui riversa le proprie soluzioni, expertise e contenuti; nel coaching si costruisce una relazione maggiormente collaborativa e negoziale fra coach e coachee, per aiutare quest’ultimo ad articolare le proprie mete e a perseguirle insieme.
Finalità del coaching
Le parole più ricorrenti, nella letteratura sul coaching, sono autoconsapevolezza e responsabilità Si può dire che il potenziamento di tali dimensioni sia la finalità principale del coaching, trasversale alle sue diverse tipologie ed applicazioni: detta finalità, infatti, sostiene e facilita il raggiungimento degli obiettivi specifici delle varie applicazioni del coaching, che possono essere obiettivi personali, di gruppo o aziendali.
L’autoconsapevolezza può essere aumentata dalla focalizzazione dell’attenzione e dalla pratica, e contribuisce ad avere una percezione più chiara sia degli elementi della situazione in cui si è inseriti (e a discriminare le informazioni rilevanti da quelle irrilevanti) ma anche ad imparare a riflettere più proficuamente sui propri punti di forza e di debolezza e a riconoscere e modificare quei modi di pensare che possono essere automatici e improduttivi. Una maggiore autoconsapevolezza è in grado di aumentare il senso di autoefficacia nel portare a termine i propri compiti e nell’operare in maniera autonoma. A questo proposito, all’interno della relazione di coaching, sarebbe importante favorire la possibilità del cliente di vivere esperienze di successo, inizialmente anche semplici, in modo da sviluppare progressivamente le sue percezioni di autoefficacia e la sensazione di padronanza sui compiti.
L’autoconsapevolezza si collega alla responsabilità, nel senso che favorisce la volontaria assunzione di responsabilità personale, la quale a sua volta facilita prestazioni di alto livello ed è in grado di aumentare la motivazione verso il compito. Perché la responsabilità assunta eserciti un’azione positiva, è necessario però che sia volontaria, e non percepita come imposta da qualcun altro.
Per questo, il potenziamento di autoconsapevolezza e responsabilità del cliente, nell’ambito della relazione di coaching, può essere sostenuto da un’impostazione aperta, non prescrittiva, da forme verbali primariamente interrogative, che diano al cliente lo spazio per esporre e approfondire le proprie convinzioni e le proprie incertezze, e che permettano al contempo al coach di comprendere la direzione di apprendimento seguita dal cliente, di monitorarne i progressi.
Affinché la relazione di coaching abbia esiti positivi, è importante che la cultura organizzativa e le modalità operative all’interno dell’azienda sostengano e rendano attuabili l’apprendimento e il miglioramento di competenze. Se infatti il coachee che ha sviluppato nuove competenze, si trovasse poi a lavorare in un contesto rigido, o se non gli fosse lasciato uno spazio di autonomia nella gestione del proprio lavoro, i benefici del coaching potrebbero attenuarsi e i miglioramenti conseguiti potrebbero non tradursi in maggiore efficacia nella prestazione lavorativa.
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